POCA LIBERTA’ DI STAMPA? COLPA ANCHE DI GIORNALISTI ED EDITORI
L’
Italia è 79esima nella graduatoria mondiale per libertà di stampa
dietro anche a paesi sottosviluppati dove vige addirittura una
dittatura. Gli addetti ai lavori lamentano che sia colpa dei tanti e
troppi tentativi di censura subiti dalla politica e di una certa
magistratura che sempre più spesso li indaga e talvolta lì condanna a
risarcire per diffamazione e violazione del segreto istruttorio.
Personalmente non sono affatto d’ accordo ad addossare la colpa solo
alla politica che non è nemmeno così malevola, prova ne è il caso
Sallusti direttore de Il Giornale giustamente condannato ad un anno e
quattro mesi per diffamazione e poi salvato da una legge ed hoc che
elimina il carcere per i giornalisti che diffamano e paradossalmente lo
mantengono per i casi meno gravi. Sarà Costituzionale? Non lo so ma di
certo tornerei al vecchio testo e inasprirei le pene per i giornalisti
che diffamano. Ma andiamo oltre, se c’è la censura essa è figlia di un
malcostume non solo italiano ma che nel nostro paese è più accentuato
che in altre democrazie ovvero le maggiori testate giornalistiche locali
e nazionali sono controllate da gruppi imprenditoriali vicino ai
politici, alta finanza e caste varie. Conseguentemente i giornali e i
telegiornali diventano macchine del fango contro gli avversari (non
importa se abbiano o meno uno scheletro nell’armadio) politici e
censurano ciò riguarda i loro finanziatori. Gli addetti ai lavori si
lamentano ma permettono tutto questo anziché denunciarlo. Ma la censura
politico-finanziaria non è l’ unica minaccia alla libertà di stampa. La
minaccia più grave deriva dal malcostume di giornalisti, redattori e
direttori che inseguono regole commerciali per vendere più pubblicità.
Soprattutto nella cronaca nera e giudiziaria ci si appiattisce sull’
accusa e la parte civile e si censura o quanto meno si omette ciò che è
troppo favorevole alla difesa alla quale viene dato meno spazio. La
regola è far indignare il pubblico portandolo a credere che gli
inquirenti siano sulla pista giusta e il sospettato un certo colpevole
che rischia di farla franca. Il caso ideale è quello senza colpevole
certo ma con un sospettato e una vittima donna meglio se minorenne. Si
insegue il mito del femminicidio, un fenomeno inventato che in realtà non esiste,
inventato ad hoc. Ai moschicidi si dedicano solo pochi microscopici
spazi infatti da mesi non si parla più di Roberto Straccia, di Ciccio e
Tore mentre si dà ampio spazio a Melania Rea, Elena Ceste, Christiane
Seganfredo,Cogne, Avetrana, ecc. in modo tra l’ altro scorretto. Per
mala-informazione sono eclatanti i casi di Sarah Scazzi ed Elisa Claps
di cui ho già trattato nel blog. Ma ve né sono altri. Di Melania Rea ad
esempio non si sottolinea abbastanza che gli undici coimputati del
marito Salvatore Parolisi per le violenze in caserma avevano movente ed
opportunità per il delitto essendo stato consumato a Ripe di Civitella
dove quel giorno e a quell’ ora si stavano esercitando. Allora perché
Parolisi l’avrebbe uccisa nell’ unico posto dove potevano riconoscerlo
ed essere scoperto? E dov’era la piccola Vittoria? Un giorno se non le
verrà fatto il lavaggio del cervello sarà certamente lei a dircelo.
Contraddizioni pesanti e inverosimili come quelle sul giallo del lago di
Bracciano in cui la povera Federica non avrebbe potuto fare, secondo i
giornalisti, 7 miserrimi km a piedi e non sarebbe stata vista da alcune
telecamere che però pare non abbiano inquadrato nemmeno l’auto del
fidanzato ormai per tutti meno che per gli inquirenti certo omicida di
una ragazza morta di morte naturale. Assurdo lo stupore di certi media
per Christiane Seganfredo la mamma di Aosta ipovedente trovata morta a
pochi passi da casa. I cani molecolari avrebbero dovuto fiutare il suo
odore con tutto quel freddo e le continue nevicate. Fallirono per lo
stesso motivo anche con Yara Gambirasio nel cui caso ci si ostina a
demonizzare gli inquirenti perché non si trova il colpevole anziché
sforzarsi di collegare Ignoto1 al cantiere di Mapello per giungere alla
verità. Si arriva addirittura a far litigare in diretta Tv i testimoni
del caso Ragusa e consentire a Loris Gozzi di accusare Pasquale di aver
preso soldi da Logli. Secondo voi un testimone di un crimine può
sentirsi libero di raccontare ciò che ha visto o sentito in totale
libertà e coscienza dopo tali episodi? Direi che reticenza ed omertà
sono incentivati. L’ alternativa sarebbe dichiarare il falso per
compiacere i media. Indecente anche lo spingersi ad accusare persone
senza prove come il fidanzato di Provvidenza Grassi colpevole di un
ipotetico sequestro della sua fidanzata forse morta in un tragico
incidente stradale. E questa la chiamate libertà di stampa? Meglio la
censura di questa porcheria!
Per
questo ho deciso di creare questo sito web con una petizione per dire
NO alla depenalizzazione del reato di diffamazione a mezzo stampa per i
giornalisti e NO alla loro impunità penale generale.
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